L’Italia centrale è stata flagellata, nel corso di questi ultimi anni, da disastri naturali di un certo rilievo. Dato che, per motivi che non è il caso di sondare in questa sede, molti connazionali sono rimasti senza casa per periodi di tempo considerevoli, hanno deciso di provvedere da sé alla loro sistemazione. In tanti si sono rimboccati le maniche e hanno costruito o ristrutturato degli alloggi privati. Ottima soluzione, ma come la mettiamo con le normative di settore? E’ possibile pensare che, in un contesto del genere, qualcuno possa obbligare i malcapitati a demolire (nuovamente) le loro abitazioni? Tali strutture, di contro, sono sicure? Sono costruite in maniera tale da non ledere l’armonia del paesaggio? Lo Stato può concedere ai cittadini un “condono semplificato“? La situazione è parecchio delicata e i punti di vista da tenere in considerazione sono tanti, forse troppi…

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La proposta del governo

Allo stato attuale delle cose il governo sembrerebbe optare per delle misure che, come recita un motto popolare, sono perfette per salvare capre e cavoli. La necessità di provvedere alla tutela dei diritti basilari dei cittadini, le ristrettezze economiche in cui vive la popolazione colpita dalle avversità di cui sopra, nonché la situazione non proprio florida delle casse dello Stato, hanno portato all’elaborazione della “legge di conversione“.

In pratica i civili vittime degli ultimi devastanti sismi verificatisi nelle zone centrali dell’Italia, godranno di alcuni particolari benefici. Lo stato di emergenza ed i relativi vantaggi (per così dire) ad esso connessi, ad esempio, verranno prorogati sino al 31 dicembre di quest’anno.

La proposta poi prevede che venga posta in essere una sanatoria provvisoria per tutte le abitazioni costruite o restaurate dai terremotati. Ovviamente queste non sempre sono a norma. Il DDL poi auspica anche la diffusione tra i cittadini di opuscoli contenenti alcuni principi base dell’edilizia. Inoltre il provvedimento mira ad accelerare, almeno nelle zone di interesse, tutte le procedure volte ad ottenere il condono edilizio.

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Come funzionerà il nuovo condono?

La legge di conversione quindi ha anche lo scopo di velocizzare i tempi entro i quali regolarizzare la situazione delle centinaia di sfollati che popolano il centro Italia. Per far ciò si è pensato di accantonare momentaneamente il vecchio certificato di idoneità sismica e sostituirlo con una più veloce perizia tecnica. Ad occuparsi di quest’ultima sarà un esperto del settore a cui verrà assegnato anche un progetto di adeguamento territoriale alle nuove norme per la sicurezza. Il tecnico emetterà, in caso di effettiva agibilità della struttura, un certificato di idoneità statica. Molto peso a tal riguardo avrà l’uso dei materiali che il cittadino sceglierà di impiegare per la costruzione del suo alloggio.

Nel caso peggiore, ossia la negazione dell’attestato, il tecnico è tenuto ad illustrare ai privati le ragioni del mancato ottenimento del certificato di idoneità. Inoltre valuterà per il malcapitato la mole di lavoro necessaria ad ottenere il condono ed i costi dell’operazione.

Quando invece si agisce da sé per riparare una struttura tutto sommato non eccessivamente danneggiata, il tecnico dovrà verificare che il lavoro finale corrisponda a quello dichiarato nella domanda di sanatoria. Se così non fosse, questa verrà corredata da un progetto e da una piccola certificazione in cui si attesta che gli errori sanati non abbiano causato da soli il cedimento della struttura.

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Condono edilizio 2018: vantaggi e svantaggi

Tale proposta di legge, per tutti i motivi elencati inizialmente, difficilmente può essere ritenuta universalmente valida o contestabile. I vantaggi che essa porta in sé sono innegabili; dallo snellimento delle pratiche burocratiche alla velocizzazione delle operazioni per la riqualificazione delle zone interessate.

Tuttavia è incontestabile che, è Legambiente a farlo notare, essa rappresenta un grosso pericolo per il nostro paese. In particolare, creando un pesantissimo precedente, finirebbe per avallare quei provvedimenti ricostruttivi non sempre sapientemente gestiti dai privati e che non fanno bene alle nostre città. A preoccupare Legambiente non è solo la questione estetica, ma anche e soprattutto la pubblica sicurezza.

Il decreto terremoto infatti riaprirebbe in pratica i termini dell’ormai datato condono edilizio del 2003. Sebbene sfavorevole all’approvazione della legge di conversione, Legambiente chiede almeno che si prendano delle precauzioni. Si teme infatti che, approvato il DDL, gli italiani possano in qualche modo approfittarne, ricadendo nel vecchio vizio dell’abusivismo

L’ente propone quindi di organizzare una banca dati in cui archiviare tutti i dati relativi al territorio e alle strutture costruite. Questo, sostiene l’associazione ambientalista, servirebbe anche a distribuire nella maniera più corretta i fondi per la ricostruzione. Inoltre, a parere di Legambiente, si potrebbe così avere sempre un’idea precisa della fattibilità di un progetto (o della sua legalità). Quello che preme all’ente insomma è avere sempre sotto controllo i parametri di sostenibilità dei nostri centri abitati (le strutture rispettano le norme antisismiche? Gli impianti sono “ecologici”?). 

Chi potrebbe beneficiare del provvedimento?

Nel caso in cui la proposta diventasse legge ne beneficerebbe una piccola parte della popolazione italiana. Ovviamente il provvedimento riguarderebbe i cittadini residenti nelle regioni centrali del paese, dall’Abruzzo all’Umbria, dal Lazio alle Marche. Il condono spetta comunque solo a chi tra loro presenterà o abbia presentato una documentazione in linea con le leggi attualmente in vigore.

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